25 ottobre 2012

E l'abbandono sarà solo il titolo di un libro di Tondelli *

Stanotte ho fatto un sogno, meraviglioso e tremendo allo stesso tempo.
L'abbandono è quello che ho sperimentato, quando mi sono svegliata, quando ho realizzato che il mio sogno non potrà mai avverarsi. Abbandonata all'idea che questo non sia possibile.

Ho sognato di essere alla presentazione di un libro.
Alla fine, come di consueto, l'autore senza volto firmava autografi.
Ho preso due copie del nuovo romanzo e mi sono avvicinata. Ha scritto le dediche per due miei amici, e già pensavo alle loro espressioni entusiaste... l'identità dell'autore mi era sconosciuta, ma sapevo che sarebbe stato un regalo graditissimo ai due.
Poi gli ho chiesto di autografare un libro vecchio, per me. Lo tiro fuori dalla borsa, ma anche la copertina di quel libro mi è misteriosa.
Gli dico, sorridendo: "A casa ho anche Altri libertini..." - ne avrei anche altri, chissà perché gli dico proprio quel libro.
Lui sorride a sua volta.
E solo lì, realizzo che quello che gli stavo facendo firmare era Camere separate.
E che lui era Pier Vittorio Tondelli.

*Vasco Brondi, Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero

18 ottobre 2012

Sarà pure retorica

Ora di pranzo. All'uscita del centro commerciale c'è la fermata dell'autobus; sono da sola, evidentemente il pullman precedente è appena passato. Mi siedo sulla panchina per aspettare il prossimo, e man mano cominciano ad arrivare altre persone. Tra queste una signora, che siede accanto a me.
Arriva un anziano, con due buste della spesa colmi. Mi alzo, e gli cedo il posto: "Prego, se vuole sedersi...".  Lui mi guarda con aria perplessa: "Dici a me?.."
Fa lo stesso la signora, mi pare abbia anche un accenno di fronte corrugata, perché dovresti
"Si", gli sorrido. 
Strabuzza gli occhi e fa: "no, non ti preoccupare..."
Silenzio. 
Sogghigna incredulo, scuotendo la testa, come gli fosse capitata la cosa più incredibile al mondo. "Non mi era mai successo prima..." 

Capisco cosa intende. 
Non so cosa dire, e in imbarazzo  gli sorrido di nuovo.
Poi mi volto dall'altra parte, perché ho gli occhi lucidi.
Mentre penso: "mi dispiace", e mi vergogno.

Era un anziano di colore.
Non gli era mai successo prima che un bianco gli offrisse il suo posto.

Mi dispiace, non per lui. Mi dispiace per noi. Mi dispiace della nostra piccolezza. Mi dispiace per i due pesi e le due misure. Mi dispiace che quella gentilezza esibita (sì, esibita) dalle donnine sugli autobus che non ci pensano due volte a lasciare il posto quando sale un anziano, sia la stessa omessa verso un vecchio africano.
Mi vergogno della discriminazione. Mi vergogno per chi vuole l'adeguamento degli stranieri alla nostra cultura, e poi non li tratta da pari, non gli riserva lo stesso trattamento. 
E mi vergogno dell'espressione di disapprovazione di quella signora.
DEVO, signora, perché altrimenti non mi sentirei una Persona che riconosce l'altro come Persona, a prescindere dalla sua etnia, religione, sesso, orientamento sessuale.