18 giugno 2013

Formiche, Dali, esistenzialismo - o anche, libere associazioni.

Tre giorni fa, di sera, sono stata invasa dalle formiche. Le ho trovate, nella mia camera padovana, dappertutto. Brulicavano sul parquet (vecchio, manco a dirlo...) le operaie, mentre quelle volanti erano attaccate al lampadario e alle tende, a gruppetti. Vi evito la descrizione della mia faccia schifata, i brividi lungo la schiena, l'orrore al pensiero che potevo ritrovarmele pure nel letto. Soprattutto, le sensazioni microzooptiche di sentirmele addosso, sulle gambe, tutto il tempo seguente.
Dopo aver aspirato e pulito e spruzzato l'insetticida, mi sono messa a fare delle ricerche, un po' per capire e prevedere il loro comportamento (se sarebbero tornate, dio non voglia!), un po' per conoscerle meglio.
Non mi era ben chiaro che fossero animali sociali: come per le api, le colonie sono strutturate in gerarchie: c'è la formica regina, l'unica femmina che si riproduce; i maschi che vivono solo una stagione, quella fatale dell'amore; le operaie e i 'soldato', che si occupano del mantenimento, cura, sopravvivenza e difesa della colonia stessa. Le regine e i maschi sono gli unici ad essere alati, perché compiono i cosiddetti voli nunziali: lasciano la colonia per sciamare verso l'esterno, verso luoghi dove deporre le uova, accoppiandosi in volo.
(E qui, ebbene sì, mi è scappata pure la lacrimuccia. Li trovo romantici, questi voli nunziali.)
Quella notte le ho pure sognate. Ogni tanto mi svegliavo per controllare di non averle intorno. Le ho avute in testa - e solo in testa, per fortuna, ché non sono tornate (ma non canto ancora vittoria, shhh) - per questi tre giorni. Ossessionata. Talmente sono convinta di ritrovarle, che ho le allucinazioni di vederle: ad ogni puntino nero sul parquet, ho un attacco di panico: mi avvicino, e mi sembra pure che si muovono. Mi avvicino ancora di più, ed torna ad essere un puntino. Fiùùù.
Mi sento un po' Dalì, la cui ossessione per le formiche (e ragni e insetti in generale) era talmente grande che anche dove le formiche non c'erano sicuramente - sulle sue tele, sui suoi quadri - doveva mettercele, disegnarle, dipingerle. Paventarsi davanti le proprie fobie.
E allora, ecco che anche io, continuando a vedermele davanti,  pavento la mia.

Essere una formica operaia, e non la regina.





































(Chi l'ha detto che nel destino di ognuno c'è l'amore? E perché stavo per scrivere, 'felicità'?... Perché continuiamo a cercarla, la felicitàmore, se nessuno ce l'ha promessa? E se fosse terra di pochi eletti? E se io fossi un semplice esemplare, a cui non sarà data? E se... ? E perché... ? E... cosa cazzo continuo ad aspettare, se. ?)

1 commento:

  1. "Z la formica"... molto istruttivo per quanto riguarda il sistema gerarchico delle formiche :-D
    Pensa che quando ero piccola i miei vicini di casa, bambini anche loro, si divertivano a schiacciare con i piedi le collinette di terra dei formicai, i fori di uscita praticamente.
    E io me le immaginavo bloccate sotto terra, costrette a vedere il lavoro di giorni spazzato via da un piede. Che tristezza provavo... allora con un piccolo bastoncino di legno cercavo di riaprire loro la via di uscita.
    Tutta normale non lo ero nemmeno allora ^^

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