14 giugno 2014

La filosofia della tazza

Ti piacciono le mug. A me no, piacciono le tazze-tazze, che non so come si chiamano, quelle normali insomma. Ti piacciono le mug, e già lì avrei dovuto capire. Navighi a vista, e non ti piace sporcarti. Se ad esempio "perdi" un biscotto, nella mug lo recuperi in un baleno. Nella tazza no, specialmente se son quelle col fondo più stretto. Devi infilare le dita più in fondo, rischiare di bruciarti di più, a volte non si riesce comunque perché il biscotto nella risalita si rompe nuovamente, e ancora lì a faticare. Con la mug è più facile. I biscotti si recuperano prima, il calore si disperde meglio, vedi il fondo, quello che c'è o non c'è nella tazza. A me piacciono le tazze, a me piacciono le cose che non sai come vanno a finire, metto in conto che ci si deve sporcare, anche scottarsi se necessario. 
Ci siamo lasciati. Ogni volta che vedo la mug nella mia credenza, mi verrebbe da prenderla e romperla. E' odiosa, con quella decorazione a fiori gialli su una fascia azzurra. Già non mi piaceva prima, prima di te;  perché è una mug, perché ha quella orrenda decorazione, e adesso, perché mi ricorda te. Ma la devo lasciare lì, non è mia, appartiene alla "casa", chissà a quale vecchia inquilina risale. Oppure, dovrebbe andare a fare compagnia agli altri oggetti che ti riguardano, sepolti nella tua scatola. Ahah, l'apprezzeresti, sai. Ti ho voluto bene anche nella sua scelta. 
Perché è la scatola delle scarpe che abbiamo comprato insieme sabato, qualche ora prima che ci lasciassimo. Le scarpe alte che ho lasciato su - l'ennesimo regalo, so quanto ti eccitano i tacchi - l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore, qualche ora dopo che ci siamo lasciati. Quando mi fottevi da dietro, e ti è sfuggito un "ti amo". Che non mi avevi mai detto. Che adesso faceva meno paura pronunciare, visto che era tutto finito. Non so quanto valga un "ti amo" dopo un "non credo di tenerci abbastanza". Tutto, o forse niente.
Stronzo.

Sabato. E' già passata una settimana.
I primi giorni son stati di merda. Ci siamo dati quest'assurdo appuntamento a due settimane di distanza, per vedere come va, e il veto di non sentirci durante. E' questo a cui è più difficile abituarsi, non avere accesso a te, non telefonarti, non poterti sentire, quando più manchi. Ho fatto la scatola a bruciapelo, subito dopo la nostra decisione, "a caldo", prima che iniziasse a far male. L'ho rifatta il giorno dopo, perché mi sono accorta che c'erano molte più cose collegate a te. Poi ho rinunciato, non potevo metterci l'intera mia vita. Dopo cinque giorni ho fatto pulizie in camera. Ho cambiato le lenzuola in cui hai dormito, lavato il mio pigiama su cui avevi lasciato il tuo odore. Ho rinvenuto un fazzoletto di carta dietro il letto, mi sono chiesta se ci fosse il tuo sperma o le mie lacrime. Ha raggiunto i suoi simili nel cestino, simili sia se fosse dell'una che dell'altra specie. Anche il test di gravidanza era ancora lì dentro. Ho buttato tutto. 
Mi ha fatto bene. Con lo spazio ambientale però è più facile, fare pulizie. Più difficile è trovarti una diversa collocazione interna, nei miei cuori dislocati altrove. 
Ci provo, però. Di giorno ci riesco pure, ho fatto mia la razionalizzazione come meccanismo di difesa. Non era destino, meglio adesso che dopo, è giusto che lui trovi qualcuna di cui innamorarsi davvero e io qualcuno che mi ami come merito, ecc... Gran bel meccanismo, la razionalizzazione. Peccato però che deve essere meteoropatica. Quando piove, o è buio, non funziona un cazzo. Non dormo niente. Perché mi manchi. E lo sento, tanto. E ti sento, anche se non ci sei.
La presenza dell'assenza.

Piove.
Mi mancherà dormirti addosso. Mi mancheranno le tue mani grandi, affusolate. Mi mancherà il tuo broncio divertito su quel termine perché sai che ti prendo per il culo. Mi mancherà la tua risata da babbo natale. Mi mancherà il tuo sguardo perplesso quando assistevi alle mie conversazioni col tuo pisello ormai morto, dopo l'amore. 
Mi mancherà sentirmi parte di qualcosa. E gli abbracci da dietro. 

La tua preferenza per la mug, no.
Quasi quasi la rompo.

2 commenti:

  1. ...il gusto amaro dell'assenza..., già. :**

    (Ma sì, rompila. Il rumore di qualcosa che si spacca, secondo me, un po' fa bene. Con me funziona, ogni tanto.)

    Un abbraccio, come sai tu.

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