13 ottobre 2010

Che porco giuda potrei essere io qualche anno fa

Escono da un portone.
Lui, i lobi delle orecchie allargati, jeans scuri oversize e una t-shirt con una scritta gialla, il nome di qualche gruppo rock più o meno famoso. Sta per perdere le scarpe, tenute con i lacci così larghi. Occhi azzurri, limpidi, che si vedono fin da qui. Lo sguardo timido, tenuto basso per difendersi dal mondo.
Lei è luminosa. È proprio vero. La matita nera all’orientale, che le incornicia gli occhi scuri. I capelli rasta, tenuti insieme da una molletta consumata. Bracciali etnici, una maglia larga, leggins e ballerine. Deve stare comoda, manca poco.
Lo guarda un po’ perplessa, ma sorride. Gli sorride per quel suo gesto, impacciato e tenero, che poco si addice ai loro anni, al loro abbigliamento.
Dev’essere un musicista. Un chitarrista, o un bassista, per la precisione. Tiene le dita vicine, pollice e indice uniti come se stesse tenendo un plettro. Forse per lui è un gesto naturale, lo fa sentire al sicuro.
Lei sembra più estroversa. Gli dice qualcosa, prova a scherzare. Forse vuole metterlo in imbarazzo. Le riesce, lui la guarda e non dice niente, ma è divertito. Si studiano, si scrutano, stringendo un po’ gli occhi. Complici.
E ridono.
Le porge un braccio per scendere uno scalino un po’ troppo alto. Lei si lascia aiutare.
Con una mano stringe quella di lui.
L’altra, protettiva, sulla pancia.

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